martedì 13 agosto 2013

IL LUNGOMARISTA - 2

(Prima parte)
Un lungomarista può essere dotato anche di scooter o di motocicletta, a volte, anche di qualche mezzo spinto dall’elettricità, biciclette o monopattini motorizzati che siano, ma andiamo con ordine.
Il lungomarista scooterato sta seduto sul sellino tutto girato da un lato, in pratica con entrambe le gambe a destra o a sinista e deve continuamente tentare di mettere il dueruote su una soltanto, quindi procede a balzi piegando e tendendo continuamente le braccia a differenza del più sfortunato motociclista, non potendosi girare a piacimento cede alla tentazione di non stare diritto girandosi solo di tre quarti. Può girarsi solo in parte, infatti, la mano destra deve obbligatoriamente stringere la manopola dell’acceleratore pena lo stallo, quindi, la perdita dell’effetto giroscopico delle ruote lo farebbe cadere senza nemmeno comprendere qual è la legge fisica che ne conserva la posizione ritta. Il motociclista lungomarista non indossa il casco, al massimo lo tiene seminfilato sulla sommità del capo, il braccio destro piegato a novanta gradi permette al pugno chiuso di poggiare sul ginocchio del medesimo lato dandogli la postura che ben fa comprendere la sua grande abilità di centauro, la stessa abilità che rimpingua di accise le casse dello Stato ogni qualvolta deve ripartire quando, abbassando completamente il polso, accelera al massimo consentito. Il fragoroso motore ha solo come scopo secondario quello cinetico, il principale, infatti, è quello sonoro o meglio, rumoroso, spesso, per giungere in modo eccelso alla maestria dello spaccatimpani, così come il lungomarista automobilista, dota il proprio mezzo di un impianto stereofonico dal quale far uscire i propri gusti in fatto musicale, purtroppo, mai si avvede di come, chi non è sul veicolo, sente solo la parte ritmica e nelle frequenze più basse, un bum! bum! continuo che elimina completamente l’effetto Doppler che per il lungomarista, al massimo, può essere il nome di un calciatore tedesco poco noto.
Poi ci sono i figli piccoli dei lungomaristi che vanno sui mezzi elettrici citati prima. Vabbè! le biciclette elettriche fanno quello che possono fare e ancora non si è notato un utilizzo diverso da quello che può essere adottato da un mezzo che ausilia la pedalata con la leggera spinta data dall’elettricità. Diverso è per i monopattini sui quali, pur non andando a velocità superiori ai tre o quattro chilometri orari, la postura da adottare è quella più aerodinamica possibile, cioè quella che si assume stando con la testa al di sotto delle manopole per sfrecciare, ovviamente, in mezzo alla strada noncuranti di chi li segue e precede. Poi ci sino gli scooter elettrici, dall’aspetto e dimensione identici a motorini con il motore a scoppio, magari delle categorie più piccole, ma in tutto e per tutto simili a normali scooter, utilizzati da nonni e nonne e da fanciulli dall’età rigorosamente al di sotto degli otto anni.
Bisogna sperare assolutamente di non far incidenti con questi ultimi, oltre che per non aumentare il numero delle scorticature già presenti su ogni parte del loro corpo, soprattutto per evitare linciaggi da parte dei parenti lungomaristi di lungo corso, sempre acquattati dietro angoli e auto in sosta; come gli zombi nei film d’orrore, assenti quasi sempre ma sbucanti ovunque come si vuole scappare verso una salvifica automobile senza sapere che, nella produzione di dette pellicole, l’attrezzista dota le auto con chiavi dell’accensione grandi il doppio della fessura della serratura
Ecco, dicevo, cosa succede ogni qualvolta si fa un incidente del tipo sopradescritto: il bimbo viene prontamente buttato, senza tanti riguardi, sulle pedonali più vicine, mentre lo scooter viene inforcato da un membro adolescente, autorizzato legalmente alla guida, del clan; mamme, zie e nonne cominciano, dividendosi in parti uguali tra il bimbo sulle pedonali e quello sullo scooter che recita come un attore consumato, la parte di quello schiacciato dall’auto. Praticamente, senza saperlo, si era urtato il bimbo sulle pedonali e, nell’intendo comunque attivato di evitare di colpirlo, si era anche buttato all’aria quello del motorino. Nella bagarre ci si ricorda perfettamente che si stava in sosta ad attendere la moglie scesa a prendere le sigarette, ma la scena è così ben congegnata e recitata che si comincia a chiedere scusa a chiunque passi e a chiedere al proprio santo protettore cosa fare per espiare la colpa di tali misfatti.
Agli esemplari più giovani di lungomarista viene insegnato un metodo alternativo di procurare il cibo necessario al sostentamento della tribù. Oltre che di telline e cozze, cozze, per conservare il titolo faticosamente guadagnato, si deve nutrire di granchi e polpi. Per catturare i primi, i ragazzini si scorticano e illividiscono stinchi e gomiti, saltabeccando tra i massi dei moli muniti di un retino simile a quelli acchiappa farfalle mentre, per catturare i polipi, vengono approntate all’uopo, numerose canne di bambù, vengono cioè munite di una piccola retina legata ad una estremità nella quale imprigionare dell’esca dalla quale il polpo dovrebbe essere attirato tanto da attorcigliacisi intorno, le più sofisticate sono dotate anche di un cappio fatto con la lenza da pesca da stringere sul malcapitato polpo.


Una buona famiglia di lungomaristi la si riconosce anche da come si occupa degli asciugamani degli altri bagnanti. Solitamente, anche con la spiaggia scarsamente occupata, infila l’ombrellone ad un metro da chi già stà in spiaggia, poi, nel posare a terra il proprio armamentario, sale con i piedi e con la sabbia da questi spostata, sull’altrui asciugamano. Chiedendo gentilmente scusa, nel momento che il bagnante infastidito si alza, ne solleva l’asciugamano e scuotendolo nell’intento di pulirlo, butta la sabbia dappertutto, anche sulle ciambelle date ai bimbi per farli stare calmi dopo le ore di fila passate in auto per giungere a fruire dell’agognato bagno. Nel distenderlo nuovamente a terra, mentre il vicino si libera della sabbia arrivatagli addosso, lo posa tre metri più lontano: - Così non le diamo più fastidio. È la giusta scusa. Ovviamente dà una mano a spostare anche borse e ciabatte e, chinato nell’atto di raccogliere, guarda la moglie da sotto le ascelle e con ammiccamenti uguali a codici, indica dove posare la sua di roba, proprio laddove prima stava ciò che di necessario si è portato chi già stava in loco. Con le spalle al mare, guardando la spiaggia ecco come si presentano il nonlungomarista e il lungomarista: il primo con ogni componente il gruppo sul proprio asciugamano che è attaccato a quello dei propri familiari, borse e giochi anch’essi sugli asciugamano vicino ai piedi, le altre poche cose appese diligentemente dal nonlungomarista, alle bacchette dell’ombrellone; il secondo con la sdraio della nonna attaccata al vicino di spiaggia, due metri più in là, la mamma ascolta la radio a volume altissimo, due metri più in là ancora, il padre sta preparando la canna da pesca da usare assolutamente sul bagnasciuga antistante la postazione, altri due metri più in là una piscinetta gonfiabile ospita il più piccolo esemplare, a fianco i bimbi appena più grandi fanno piangere quello nella piscinetta buttandoci dentro la sabbia, nella piscinetta ovviamente. Gli esemplari adolescenti si dividono in due gruppi, uno dove gli esemplari maschi sollevano  le femmine per buttarle gratuitamente a mare prima che si siano spogliate; gli altri si divertono a tirare pallonate all’unico che sta in acqua fingendo di tuffarsi come un esperto portiere di calcio con una porta larga settanta metri e alta venti; immancabilmente, la difficoltà di controllare le traiettorie dei supersantos, li porta a colpire chi in acqua sta e nulla vuole avere a che fare con le performances calcistiche oppure, e lì si riconosce un altro lungomarista, salta dall’acqua con l’intento di calciare l’arrivante pallone, mancandolo clamorosamente, ovviamente, il rallentamento dato dell’essere immerso in un liquido, non è stato assolutamente contemplato, quindi quando sta effettuando il salto, il pallone già è passato oltre andando a colpire un doppiamente sfortunato nonlungomarista.

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